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martedì 04 settembre 2018 |
Sdoganiamo Gigione! |
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Data evento: domenica 09 giu 2002 |
Lo scrigno di TF: Quest'anno mi sono perso la festa del patrono, e mi spiace anche per i fuochi (che tanto anche se dall'altra parte del golfo lì fanno più lunghi, la sfida la vinciamo sempre noi...) oltre che per Riccardo e gli amici "un po' più belli degli altri" (immagino lo spettacolo...).
Sembra brutto parlare di campanili ora che siamo globalizzati, ma finisce così: Bovè comincia a fare la guerra per il formaggio francese all'assalto del BigMac tiranno, e si finisce col ritrovarsi Le Pen al ballottaggio, e di qua dalle Alpi, Biscardi che canta l'inno nazionale. |
Quest'anno però la festa del patrono ha avuto la concorrenza della festa del nuovo sindaco, due giorni dopo e sempre in piazza. Bandiere di Forza Italia (che sarà il periodo, ma tirano molto), ovazioni, abbracci: un successo. E c'è da scommettere che nell'ultima settimana, ha avuto più richieste di intercessione Massimo Magliozzi che Sant'Erasmo. Di sicuro molte signore preferiscono farsi scattare una foto col sindaco piuttosto che con la statua del santo, anche se entrambe non vengono molto espressive di fronte all'obiettivo.
Oltre alle noccioline, allo shaker e ai petardi, quello che non manca mai in una festa di patrono, oltre al suddetto patrono, è lo spettacolo della sera in piazza.
Qui da noi le cose in grande proprio non le fanno. Nemmeno ci provano.
Pensavo che il culmine fosse stato quando vennero i gloriosi Jalisse, ma non bastò: venne anche la dimenticabile Annalisa Minetti, e se non ricordo male, persino i superabilissimi New Trolls.
Roba da rimpiangere l'annata del mitico Little Tony. Ragazzi, non potrò mai perdonarmi di aver perso l'autografo dell'Elvis dei poveri. Avrò avuto una decina d'anni, e ricordo ancora l'ovazione di popolo quando scese dalla Cadillac bianca, col suo carico di sei quintali di lacca sul ciuffo.
Anche dall'altra parte del Golfo, nella stessa serata, non sono da meno pure provando ad essere più fighetti: per esempio, chiamando Anna Oxa, di cui tutti ricordiamo i bellissimi tappeti persiani sui quali si esibisce ricoperta di O'Friol, o gli strimpellanti Gazosa, cinque mocciosi che ci fanno volentieri rimpiangere i tempi del lavoro minorile.
Stavolta hanno portato sul palco addirittura Amedeo Minghi. Noi, immodestamente, abbiamo contrattaccato con Rita Forte, oltretutto talento indigeno, essendo nata a Terracina. Si, è un po' da piano bar, però ci sa fare, altrimenti non la chiamerebbero ogni settimana a Buona Domenica. O forse è il contrario, ma lasciamo perdere.
Quello che mi preme dire è che nessuno ha ancora il coraggio di chiamare l'unico artista con la a minuscola in grado di riempire biecamente la piazza: Gigione.
Una star ciociara del centro-sud, autore di perle come "La campagnola", "O' Mercedès", "Lecca Lecca", "Zugt-zù" e tante ancora.
Porca vacca, abbiamo sdoganato tutto in questo Paese, ma Gigione no.
La vox populi sostiene che dietro all'esclusione di Gigione dal palco della festa del patrono ci sia addirittura il veto dell'arcivescovo in persona, che ritiene l'artista "volgare" per la sacralità dell'evento. Come se mettere i Jalisse sul palco, non fosse una bestemmia al Creato!
Che poi Gigione, mia personale scoperta dal fantasmagorico mondo delle tv locali, non è "volgare", ma quasi esemplare, autentico. Col suo cappelletto con visiera da cui scende sulla nuca ciò che rimane dei suoi capelli (che forse sono tutt'uno col cappello, ormai), i suoi movimenti scomposti, la mimica chiaramente e goffamente ammiccante, i doppi sensi ben poco velati, i racconti dei suoi mitici concerti in America, il suo frasario popolare, popolano ma mai populista, è ormai assunto a personaggio di se stesso.
Il figlio che si porta dietro, tale Donatello, tipico neomelodico scontato con canzoni di amori telefonici e ragazze incinte e piangenti, non regge il confronto. Il pacioso maestro Visciano, un calvo paffuto che lo accompagna alla pianola in un malcelato playback, gli fa ogni tanto da spalla. Il pubblico, che più popolare non si può, vale da solo la visione del programma.
Ma la star è lui, che è arrivato dove è arrivato col sudore della fronte (cito dalla biografia sul suo sito) e traducendo "a modo suo" canzoni di Madonna e successi dance.
A modo suo, vuol dire in dialetto napoletano-ciociaro, e riempiendole di doppi sensi, fregnone di paese, padri della sposa, mercedés rubati e persino padre pio (nella devota canzone, sempre cantata col solito profano e ormai cronico ancheggiare, e citando la "Casa del Sollievo e della sofferenza", dove la congiunzione di troppo suona minacciosa).
Un misto di dance-folk popolare. Che, mano male, non pretende la prima serata di Raiuno, ma spopola dove è giusto che stia, nei palchi di paese, su TeleA o in una vecchia puntata del Costanzo Show. Gigione, in fondo, è brutto, un po' stonato, parecchio burino, ma è di sicuro più vero di tanti burattini plastificati che popolano le nostre classifiche e le playlist.
Nello stitico panorama musicale, le canzoni di Gigione sono una sonora scorreggia: orrenda, cafona e volgare quanto si vuole ma profondamente disperatamente autentica e liberatoria.
Allora, visto che siamo in periodo, approfitterei per fare anch'io una mia modesta richiesta al nostro sindaco di tutti (che poi anche se non è di tutti, lo è del 60% compresi un po' di miei amici e parenti, e ciò basta e avanza).
Sdoganiamo Gigione. Diamogli la piazza di Gaeta, abbandoniamoci al corpo sciolto musicale, rifugiamoci nella "Campagnola".
Se per la festa De Gregori o Paolo Conte non sono disponibili, almeno diamo al popolo Gigione.
Non sarà Bob Dylan, ma meglio lui che le Lollipop.
[Luca Di Ciaccio]
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Pubblicato su TeleFree.it il 9 giugno 2002
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di: Luca Di Ciaccio |
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