Eppure
si tratta di spazi di straordinaria bellezza. Non solo la chiesa, che è un
pezzo di pura architettura tardo gotica, ma anche il convento che presenta una
sequenza di ambienti di grande suggestione: la galleria d'ingresso, il magnifico
chiostro rialzato, le scale, le ampie sale ai piani superiori, le terrazze, le
vedute sul mare....
Ogni
pietra, i pavimenti sconnessi, le tracce di affreschi sulle pareti, i banchi di
legno ammucchiati, le vecchie statue impolverate, i bassorilievi in frantumi,
gli intonaci ingialliti, tutto ci parla della storia del convento, delle sue
innumerevoli vicissitudini, ma anche dell'abbandono che lo ha colpito in questi
ultimi anni. Tutto, anche il più piccolo frammento ha una sua storia da
raccontare e grazie alle voci che si levano da ogni pietra, quegli ambienti
sembrano rinascere: si rianimano le grandi sale del convento, rivivono gli
antichi splendori ed è possibile ripercorrere un'architettura che quasi non
c'è più per apprezzarne pienamente le grandi qualità.
Una
calibrata successione di spazi si snoda mirabilmente intorno al chiostro in un
chiaro-scuro che non manca mai di stupire. Percorrendo la cupa galleria
d'ingresso, d'improvviso si resta colpiti dagli squarci di luce provenienti
dalle arcate del chiostro, attraversando un piccolo corridoio al piano
superiore, una finestra offre una spettacolare vista sul mare: un continuo e
sapiente gioco di luci ed ombre che accompagna il visitatore fin sopra al
campanile da dove si gode di una magnifica vista sul Golfo.
Certo,
un bel restauro sarebbe proprio quel che ci vuole! Ma siamo sicuri che un
restauro condotto secondo i criteri in uso oggigiorno tra i nostri tecnici con
la benedizione delle Soprintendenze, sia in grado di rimediare a decenni di
incuria senza cancellare la storia secolare e la straordinaria architettura del
complesso monumentale? Siamo sicuri che demolendo integralmente i vecchi
intonaci e realizzandone di nuovi con tecniche moderne, le pareti riescano poi a
comunicarci le stesse emozioni di oggi? Siamo proprio certi che una guaina
d'asfalto come quella che ricopre impietosamente le volte estradossate della
polveriera Ferdinando e della piccola cappella del Rosario, sia quel che ci
vuole per la chiesa di San Domenico che ancora conserva miracolosamente le sue
bellissime coperture in battuto di lapillo? O che tetti realizzati con travi
d'acciaio e forati possano sostituire quelli di legno senza produrre effetti di
rilievo sull'insieme? Che dire, poi, di soluzioni distributive che non tengono
minimamente conto dell'impianto architettonico d'origine stravolgendolo
completamente per piegarlo alle nuove necessità d'uso?
In
genere, il risultato di queste operazioni che qualcuno definisce di
"restauro" è una sorta di grossa "meringa": un edificio
completamente tirato a lucido con intonaci perfettamente lisci, pareti
sgargianti e tetti di colore grigio argento che contrastano nettamente con il
resto del centro storico, pavimenti in finto cotto, interruttori dappertutto,
plafoniere sulle volte, faretti incassati nelle nicchie, impianti realizzati
come se ci si trovasse in un appartamento di periferia e, ovunque, portoni da
villa al mare e finestre da chalet in montagna; e poi demolizioni e false
ricostruzioni in nome di un sempre presunto ripristino delle forme d'origine,
volumi aggiunti realizzati con materiali rigorosamente non tradizionali,
soprelevazioni, setti di cartongesso, scale d'acciaio, nuove pareti divisorie,
nuovi percorsi e nuovi spazi che nulla hanno a che fare con l'edificio
d'origine.
Un'architettura
finta, insomma, "siliconata", profondamente banale, un'architettura
"epurata", che non conserva più nulla delle caratteristiche di partenza,
che non ha assolutamente più niente di storico: un architettura sostanzialmente
muta, stuprata, svuotata della sua essenza, ridotta a fantasma di se stessa,
spogliata di tutte quelle parti che con un attento intervento sarebbero potute
ritornare a parlare di sé e della storia dell'edificio.
A
Gaeta, poi, neanche ci si affida all'opera, già di per sé discutibile, dei
tecnici e delle Soprintendenze, ma a persone che senza la benché minima
qualifica intervengono direttamente sui monumenti ridipingendo, intonacando,
rattoppando i pavimenti, spostando oggetti e suppellettili da un edificio
all'altro, cancellando a poco a poco le testimonianze del nostro passato e le
ultime tracce di architetture irripetibili...
Questi,
i pensieri che mi hanno accompagnato per tutta la durata della visita a San
Domenico: un'esperienza indimenticabile che consiglio a tutti di fare al più
presto, prima che la scure del "restauro conservativo" si abbatta
inesorabilmente su uno degli edifici più belli della città di Gaeta.
[Logos]
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Pubblicato su TeleFree.it il 18 ottobre 2002
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